lunedì 14 giugno 2010

LUCIA MARCUCCI - Frittelli Arte Contemporanea, Firenze

da "Segno", anno XXXV, n. 230, Giugno/Luglio 2010, p. 77.

A sei anni di distanza dalla sua ultima personale, La poesia è forte (2004), tenutasi presso la Aurelio Stefanini di Firenze, ed a sette anni dalla sua importante antologica (2003), tenutasi sempre a Firenze presso il Palagio di Parte Guelfa, Lucia Marcucci, pioniera della poesia visiva nell’ambito del Gruppo 70, del quale fanno parte anche Eugenio Miccini e Lamberto Pignotti, i due fondatori, Ketty La Rocca e Luciano Ori, propone, con Supervisiva (catalogo edito da Carlo Cambi), un excursus della sua attività nel primo decennio del nuovo secolo, ove se la modalità giustappositiva appare ora perseguita in buona parte tramite il mezzo digitale, più che attraverso la tradizionale sovrapposizione di piani fisicamente tangibili, l’istanza critica delle origini, fondamento peraltro della giustapposizione stessa, è presente oggi più di ieri. D’altra parte, dal momento che la poesia visiva conduce la critica della società a partire dal suo specifico immaginario mediatico, tale passaggio appare perfino necessario. Le recenti teorie di Nicolas Bourriaud sulla postproduzione risalgono così, attraverso il lavoro della Marcucci, fino al principio del détournement situazionista.



Lucia Marcucci, Corruption, 2008, collage su cartone, cm 36x52
[courtesy Frittelli Arte Contemporanea - photo by Lineashow Prato]

Il più ampio dei tre cicli di cui si compone la mostra, ospitato nella sala centrale, si intitola dunque non a caso digital poems, costituito selezionando materiale proveniente dalla rivista californiana “Wired”, che Wikipedia definisce “la bibbia di internet” (gli altri due sono città larga, ove ritorna alle immagini dello spazio fisico, quelle pubblicitarie degli stendardi in stoffa appesi ai pali dell’illuminazione stradale, e poesia dislessica, ove appare difficile risalire dalle lettere, stampate su supporti di tessuti disseminati di pieghe, alle parole). Ci si accorge così come l’accostamento di elementi provenienti da differenti contesti, modalità già introdotta all’inizio del secolo scorso, ma esplorata a fondo proprio da movimenti come la poesia visiva, dimostri una significativa prossimità proprio con le attuali pratiche di navigazione telematica, ove l’utente, al pari del fruitore delle stampe della Marcucci, e delle opere storiche e recenti dei poeti visivi in genere, viene letteralmente bombardato da un indiavolato susseguirsi di sollecitazioni grafiche e visive. Ad un repertorio apparentemente svariato, ma, a ben vedere alquanto omogeneo, in quanto sempre e comunque orientato verso i fini di un unidimensionalismo globale, che scorre secondo un ordine altrettanto apparentemente stabilito dall’utente, in realtà meno capace di autodeterminazione di quanto egli stesso possa credere, la poetessa fiorentina oppone un rimescolamento di questo repertorio stesso guidato dal principio della dialettica contrappositiva tra la pluralità dei messaggi, figura delle contraddizioni che il capitalismo postfordista di oggi, come e più di quello fordista di un tempo, presenta. La retorica dell’open source, del social network, dei blog e di altri paradigmi similari, in quanto strumenti per l’avvento di una comunità realmente orizzontale, di una democrazia meno delegata e più partecipata appare così contestata alle radici nei suoi presupposti utopici se non mistificatori. Tali universi non prescindono affatto, al pari di quelli più antichi, dai condizionamenti del binomio denaro-potere.



Lucia Marcucci, OX fire, 2009, acrilico su tela stampata, cm 170x114
[courtesy Frittelli Arte Contemporanea - photo by Lineashow Prato]

Se l’analogia tra l’estetica di questi ultimi e quella della poesia visiva va intesa non come una semplice convergenza più o meno casuale, ma, secondo quanto ipotizza Francesco Galluzzi nel testo in catalogo, come una deliberata sussunzione di certi stilemi avendone «metabolizzato e normalizzato la tensione critica e sovversiva», determinando in tal modo «un paradossale detournamento del détournement» (di prelievo integrale, in quanto conserva intatto il piglio critico della fonte, si può parlare invece a proposito di un celebre programma televisivo ormai più che ventennale come Blob e non a caso autore degli altri due testi del catalogo è Enrico Gezzi, uno degli ideatori di tale programma), il confronto intrapreso dalla Marcucci con le nuove frontiere del virtuale può considerarsi proprio di colei che «non vuole “morire pompiere” essendo stata incendiaria».

Stefano Taccone

2 commenti:

  1. che il sistema faccia di tutto (e soprattutto ultimamente riesca) ad assorbire al suo interno tutti i tentativi di sovvertirlo si sa. però da qui a negare tutte le potenzialità rivoluzionarie di internet ci andrei cauta. certo, inserito in un contesto come quello iattuale, non si è incoraggiati a farne un uso critico, ma il medium in sè è di gran lunga + democratico nonchè + istruttivo della vecchia televisione. poi non mi pare che sia così tanto diffusa "la retorica dell'open source", anzi, sono in atto tentativi di criminalizzare il dowload per difendere la "proprietà intellettuale" (che espressione assurda! -vedi negoziati ACTA http://blog.tntvillage.scambioetico.org/?p=5990)... che si prepari una nuova p2 (anzi p3!) a mezzo internet? la vedo molto + difficile... certo bisogna cominciare ad incontrarsi... questo è vero a volte internet ce lo nega perchè ci dà l'illusione virtuale dell'incontro... ma con la televisione neanche uqesto si poteva fare... su internet possiamo programmare di incontrarci. della televisione al massimo si poteva parlare "incontrandosi" condividenza lo status di meri fruitori (ergo consumatori)... e chissà che dalla forma frammentaria della cultura in formato database che si acquisisce su internet non venga voglia di apporfondire...a molti succede... si poteva dire lo stesso dei quiz televisivi? forse la televisione "educativa" degli anni 50 sarà stata così (da quanto mi dato sapere leggendone), ma io conosciuto la televisione-merda da metà anni 80 in poi, e vedo che le persone della mia generazione, imbevute fin da piccole di quella paccottiglia, non hanno sviluppato gran desiderio di approfondire e di migliorarsi. mi pare che internet invece possa farlo!

    l'ottimismo della volonta contro il pessimismo della ragione?
    .......semp donatella!

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    1. Anche perche' l'immaginario eterofobica di Lucia, Lucy, sembra del tutto simbiotico con quello calcistico, politico, misogino di quella televisione e del tutto inattinente alla poetica situazionista.

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